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È trascorso poco meno di un mese da quando in aula magna evocavo al pubblico degli studenti e dei visitatori affluiti per ascoltare Achille Bonito Oliva, venuto a raccontare una delle leggende della grafica d’arte internazionale – lo Studio Stamperia 2RC – e a inaugurare 2RCABAU, ossia l’accordo tra Accademia di Belle Arti e il grande laboratorio romano, la favola o mito (il mito è metafora, la metafora “picciola favoletta” diceva Vico) narrata da Ovidio nelle Metamorfosi. Il mito di Filemone e Bauci: la toccante e incomparabile coppia di sposi divenuta amica degli dèi. Occorre essere molto piccoli e umili, modesti, per diventare amici dei superni – come Hölderlin chiamava gli dèi. Gli dèi amano le piccole entità, i valori proporzionati all’immensità del cuore e della verità.

Ma gli dèi dell’amorosa e indissociabile coppia della grafica d’arte internazionale del secondo 900 composta da Valter e Eleonora Rossi, non erano, non sono, Hermes e Zeus, come quelli della coppia antica che un giorno ha aperto la porta ai divini travestiti da mendicanti e stranieri, offrendo loro caldo rifugio nelle modeste pareti della loro casupola. Gli dèi di Valter e Eleonora sono stati gli artisti, gli artisti che potremmo descrivere come la pleiade dei superni, i maestri dell’arte contemporanea – dall’Europa all’America – della seconda metà del 900. A loro tutti sono stati intrecciati (a che giova nominarli come ha sottolineato Bonito Oliva quel giorno, rischiando di trascurarne qualcuno?), come viti al ramo mediante quell’unico essere che l’amore tra i due ha reso riconoscibile e sovrapponibile alla loro esperienza con gli artisti. Dall’infuocato Burri (anni 60) al selenico Clemente (anni 2000).

Le pareti della casa all’Olgiata immerse nel boschetto – un po’ orto un po’ giardino – accudito da Eleonora, non sono affatto modeste. Tutt’altro. Ma la metafora o l’analogia con Filemone e Bauci prosegue perché a metamorfosare l’umile casa della coppia antica in regale dimora ad opera di Hermes e Zeus, nel nostro caso sono stati gli artisti: gli unici dèi superni del secondo 900 che ricoprono le pareti della minuta dimora collocata nell’isola romana, con le più celebri bellezze.

Oggi sapere che Valter non ce l’ha fatta a superare l’ultima polmonite, che il suo mondo riempito di controfigure costituite dalle grandi lastre di rame, uniche, che, insomma, la sua “discesa alle Madri” (alle matrici dunque) è diventata definitiva, mi stringe il cuore. Ma mi consente altresì di superare il dispiacere, osservare il bellissimo ritratto di Valter che Simona, figlia, nonché discepola e prosecutrice dell’arte di tanto genitore, ha diffuso per noi amici. Bisogna respingere l’idea della morte come
fīnis immutabile, cessazione, e accoglierla invece come frammento.

La foto ritrae Valter molto diverso da come lo si conosceva negli ultimi anni, pur mantenendo lo slancio mai perduto, splendido, anche senza le sembianze atletiche e infallibili dell’uomo giovane che qui vediamo. Diverso era l’uomo esteriore ma non mutato nel lavoro testardo di tutti i giorni. Valter stampava come navigava. La sua barca, anch’essa era mezzo “nomade” della stamperia creata con Eleonora; e lui era la figura dello skipper impavido, del personaggio conradiano.

Se il grande pregio, uno dei grandi pregi della Stamperia 2RC è stato quello di andare verso gli artisti, di traslocare i torchi nelle case degli artisti, senza aspettare che gli artisti si spostassero dal loro ambiente, bisogna dire che il miracolo dell’opera creativa di Valter – oggi divenuta patrimonio culturale nazionale dello Stato – è stato a misura della sua vita di navigante audace, libero. Senza dimenticare che Eleonora era sempre al boma dell’imbarcazione coniugale e artistica.

Valter aveva un metodo di stampare uguale a quello che usava per reggere il timone. Con temerarietà, con arditezza, ma anche con dolcezza, con totale naturalezza e libertà. Era un uomo elegantissimo, non tanto o non solo nell’abbigliamento, ma nei modi. E non dimentichiamo che se in questo scatto rubato all’istante lo tradisce, forse, un che di spavaldo, alla James Stewart, io ricordo un Valter garbatissimo e ansioso nel giardino delle delizie della sua casa all’Olgiata raccogliere fiori di zucca insieme alla moglie Eleonora. Ma la sua energia era quella dello skipper che vediamo. Era lui che portava la barca.

L’arte la vita il lavoro il rapporto con gli artisti, così concepito, poteva assumere anche l’aspetto di un duro controllo, ma più che mai di una fermezza etica, di una fedeltà, di una devozione, di un dovere. Valter toccava la lastra come la chiglia con cui conquistava, con grazia e sicurezza, il taglio marino. Una devozione all’impegno senza narcisismo, una devozione alla bravura rischiosa, delicata. Questa la lezione che consegna direttamente o indirettamente ai giovani. Il suo concetto etico della stampa e della tiratura era inamovibile.
 

 

Luca Cesari   

 

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