Azione performativa degli studenti dell'Accademia di Belle Arti di Urbino
a cura del Prof. Marco Scifo e del Prof. Roberto Vecchiarelli
Sabato 25 maggio 2024 ore 14.30, Monastero di Montebello, Isola del Piano (PU)
L’azione vedrà una delegazione di giovani studenti e professori dell’Accademia di Urbino che per l’occasione vestiranno l’abito dell’artista demiurgo “artefice del mondo”, che lo crea a causa della sua bontà, e conseguentemente, non può essere causa di alcun male. L’attività realizzativa delle parti che comporrà l’opera, prevede un’idea personale da seguire per dare forma alla materia; ma il tutto prenderà vita il 25 maggio per la festa delle api.
Ogni dispositivo verrà poggiato nello spazio dagli stessi autori durante un’azione spontanea che costruirà il territorio d’incontro con i partecipanti all’evento.
Come lacrime cadute dal cielo, i pezzi poggiati sul suolo, nel tempo che la natura riterrà opportuno, diventeranno luogo di dimora per le api solitarie, permettendo loro di occupare tutti i fori, gli spacchi, le pieghe, che le sculture offriranno, lasciandogli la possibilità di completare, tramite la costruzione dei loro favi, una nuova forma, viva, in continua evoluzione e crescita.
Dalla preistoria l’Ape è stata simbolo di sovranità, da sempre rappresentata in ogni epoca come insetto laborioso, nobile e magico; nel tempo è stato accostato alle religioni e al misticismo.
Al British Museum di Londra è conservato un frammento di papiro dell’antico Egitto in cui è scritto: “E le api costruirono la loro dimora riempiendola di fiori di ogni genere e di piante; nacque così la cera ed anche il miele, tutto originato dalle lacrime di Ra”. Secondo la mitologia egiziana, quando le lacrime di Ra, che era la maggiore divinità egizia, toccarono terra si mutarono in api.
Per l’antico Egitto le api hanno avuto un ruolo importante nell’alimentazione, nella medicina, fino a diventare anch’esse parte del Mito, come nel caso delle credenze, le quali, narravano che assimilando il simbolismo dell’anima, l’ape una volta entrate nella bocca avrebbero ridato vita al defunto.
Lo stesso Virgilio ne tesse le lodi nei suoi testi scrivendo: “non si abbandonano all’amore, non si infiacchiscono nei piaceri e non conoscono né l’unione dei sessi né i dolori del parto”.
Se attraversiamo il mare Adriatico, che da sempre giace ai piedi delle alture marchigiane, e ci spostiamo nella vicina Grecia, in culto delle api nella religione ellenica trova in Zeus padre di tutti gli dei, che talvolta viene raffigurato come uomo-ape, un altro esempio di massima lode verso questo piccolo insetto. Mellisseo, altro nome con cui veniva chiamato Zeus, perché la leggenda narrava che da piccolo era stato nutrito dalle api di Creta, per riconoscenza donò loro il colore aureo.
In una visione più filosofica, ma parallela all’ideale di purezza e castità, Euripide nel Ippolito tesse le lodi delle api presenti sulla corona di fiori donata dall’eroe ad Artemide.
Presenti nei rituali di passaggio di tutti i popoli e di tutti i tempi, le api con il loro nettare scandiscono i momenti fondamentali della vita di ognuno. Dalla nascita, al matrimonio, fino alla morte, il simbolismo delle api non ha mai abbandonato la cultura dei popoli.
Dato che tutto ciò che abbiamo precedentemente constatato è storia e mito, cosa sta succedendo ai giorni d’oggi? Si leggono di teorie che sostengono che le api non sono più necessarie all’impollinazione e che si potrebbe follemente ovviare in altro modo.
Einstein dichiarò: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.
Io come molti di voi che leggete, non ho le competenze per affermare se è vero o no, ma non vorrei mai vivere quel giorno in cui chiedermi se una delle menti più acute del novecento aveva ragione!
Se non fosse ancora chiaro a sufficienza, con il nostro intervento, io e gli allievi dell’Accademia di Urbino stiamo con Einstein!
Prof. Marco Scifo
Docente di Scultura - Accademia di Belle Arti di Urbino