Le Mosche del Capitale
Venerdì 3 maggio 2024
Teatro Raffaello Sanzio Urbino
ore 21.00
Lettura teatrale e musicale del testo di Paolo Volponi
Mise en espace, drammaturgia e produzione a cura della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, ideata da Massimo Puliani
con Neri Marcoré
e con il Gagliano String Quartet
che eseguirà una selezione dal Don Giovanni di W. A. Mozart
Carlo Dumont, violino
Sergio Carnevale, violino
Paolo Di Lorenzo, viola
Manuela Albano, violoncello
Partecipano:
Marco Florio
e gli studenti: Emma Bassetti, Aurora Bulla, Margherita Congiu, Sofia Di Rosolini, Maria
Pia Giandomenico, Kangning Li, Laura Malerba, Jacopo Morellato, Susanna Musco,
Micaela Nasuti, Teresa Petrillo, Isabella Vicini, Victor Letemplier
Luci e audio
Annalisa Carrara, Danilo Coppola, Lisa Leone, Matilde Orsini
Immagini
Annalisa Carrara, Margherita Congiu, Giorgia Ionica, Laura Malerba, Susanna Musco, Isabella Vicini
Con la collaborazione dei docenti della Scuola di Scenografia
organizzazione Accademia di Belle Arti in collaborazione con Opera Coop. Onlus
Nell’ambito del Festival Urbino e le città del libro
Ingresso libero sino a esaurimento posti
"Ne Le mosche del capitale, pubblicato nel 1989, ma iniziato a scrivere negli anni Settanta, il mondo della fabbrica è visto da Paolo Volponi con gli occhi di un giovane dirigente, Bruto Saraccini (che potrebbe essere l’autore stesso), pieno di sogni di innovazione e di cambiamento, che alla fine rinuncia a quella esperienza. Anche l’azienda nella quale lavora è allegoricamente l’Olivetti, assurta a parabola di una delle fabbriche della grande industria italiana, che vantava 70 mila dipendenti ed è stata chiusa nel 2012 (chi non ricorda la leggendaria macchina da scrivere Lettera 32 e i primi calcolatori, progenitori dei computer). Saraccini, il protagonista del romanzo, nell’incontro con Nasàpeti, il presidente dell’azienda, parlando di capitalismo fa un’analogia del rapporto che Mozart aveva con suo padre. Ritiene che una società moderna possa essere umanistica e funzionare in modo organico, ma si scontra sia con la motivazione del profitto che con la natura umana, che include guerre per il territorio e lotte per il potere. Per Saraccini il funzionamento dell’azienda è come il comportamento del padre di Mozart, considerato come quei “promotori organizzatori persecutori e consolatori, con la stessa presunzione di guidare e proteggere, di scegliere e d’insegnare, di decidere cosa è bene e cosa è male”. Ne Le mosche del capitale, la decadenza morale del capitalismo italiano viene raccontata attraverso i cambiamenti di persone e procedure avvenuti in Olivetti dopo la scomparsa di Adriano; una realtà che Paolo Volponi conosceva bene, avendoci appunto lavorato con ruoli importanti. Una realtà verso cui il giudizio di condanna è chiarissimo e uniforme, mentre i toni di questa condanna cambiano continuamente, passando dal sarcastico al malinconico e viceversa (Massimo Raffaeli). La mise en espace e la drammaturgia a cura della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, che annualmente propone performance teatrali di particolare impatto visivo, vuol cogliere sia la contestualità dell’ambiente quasi onirico in cui si svolge il dialogo fra i protagonisti volponiani, sia il clima politico e sociale del racconto, su cui si riflettono gli echi e i sussulti dei manifestanti degli anni Settanta e le condizioni di vita dei lavoratori nelle fabbriche."
Massimo Puliani, Presidente della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino